Remo, un barista sessantenne che aspetta solo di andarsene in pensione; Achille, un giovane pittore alle prese con un’interminabile crisi creativa e Diego, enigmatico ragazzino che frequenta il liceo classico. Tre vite che si sfiorano in una giornata di novembre e che si trascinano in un clima di generale incertezza nel quale regnano ancora la crisi economica e la mancanza di concrete prospettive per il futuro. Nulla sembra accomunarli, a parte forse uno stato d’animo: una pro- fonda solitudine, della quale non sono realmente consapevoli, che ha ormai infettato la loro emotività, i legami familiari e perfino la loro sessualità.
L’autore
Matteo Romano nasce ad Altamura ma è sempre vissuto a Matera, la città dei Sassi, dalla quale – per quanto bella – sperava di fuggire prima possibile. Dopo la maturità classica si trasferisce a Parma dove si iscrive alla facoltà di biologia e l’anno successivo a quella di giurisprudenza. Va fuori corso e a pochi esami dalla laurea manda tutto al diavolo per dedicarsi esclusivamente alla scrittura. Quando non scrive fa sport, guarda film, ascolta musica e ammorba il proprio cervello con troppe – forse inutili – domande esistenziali. Ha trentadue anni e davvero un sacco di cose, ancora, da fare.
«Quello sguardo lo penetrò con un’angosciante freddezza fino a fargli provare un inspiegabile senso di vuoto. Per un attimo ebbe l’impressione che lo pseudo professore fosse affetto da una malattia mentale. Forse non aveva famiglia e il cane era la sua unica compagnia, pensò.»